Graffiti urbani, osservazioni
“Regole nuove per nuove convivenze” è il mio slogan di oggi.
Ecco un argomento di cui è veramente difficile parlare. Le controversie legali, sociali e di opinione hanno prodotto parecchia confusione su una realtà. Sto parlando dei disegni che occupano piazze, strade ed ogni sorta di superficie urbana. Non intendo schierarmi da una parte o dall’altra ma vanno fatte alcune considerazioni.
Ogni forma di espressione artistica intende in qualche misura comunicare e rivolgersi agli altri, alla società. Occorre capire se le regole create da quella società sono compatibili con questa comunicazione sia al livello legale e sia al livello di semplici regole di convivenza civile.
La prima grande distinzione io la farei fra i “disegnatori di genere” e i semplici “scrivani”. I primi creano immagini che evocano qualcosa con testi, disegni, luoghi e personaggi. Gli “scrivani” appunto scrivono solo frasi di ogni tipo (viva questo o quello, G. ama L., abbasso questo, poesie e inni, tutti scritti con un anonimo stampatello o disegni improbabili). Gli “scrivani” andrebbero inseriti in un contesto “Trash”, senza comunicazione e senza grafica, il cui unico scopo è la rovina delle cose, in un certo senso sembra inseguino la filosofia del “scrivo (e sporco) dunque sono”, un po come Youtube della strada. I primi, invece, ovvero i “disegnatori di genere” meritano un’adeguata attenzione, sembrano quelli della filosofia del “coloro dunque miglioro”.
Dal punto di vista artistico si intravedono doti piuttosto evidenti di capacità disegnative, cromatiche e creative. Dal punto di vista sociale salta subito all’occhio il messaggio, non solo attraverso le frasi e le parole, ma anche con i virtuosismi dei personaggi e dei luoghi fantastici. I motivi che spingono i giovani e meno giovani a liberare il pensiero sui muri urbani non è chiaro. “Seneca21” è il nome con cui si fa chiamare un ragazzo di 23 anni che ho conosciuto per caso, dice: “Via M…… fa schifo, è grigia e lurida, io e i miei vogliamo cambiare le cose… qui ci veniamo la sera e questo è uno spazio nostro…”. Si capisce che egli fa riferimento ad una carenza urbanistica e ad una domanda, peraltro non ascoltata, dei ragazzi sulla condizione attuale delle città. Mi rendo conto che se potessi intervistare anche molti giovani avrei risposte diverse da ciascuno di loro. Magari i disegni sono un invito a qualcosa o ad avvisare con un messaggio a proposito di qualcos’altro e chissa quanto altro ancora.
Al centro del problema c’è però la scelta del posto e della superficie da disegnare. Le attuali leggi sono sempre più restrittive.
É giusto imporre le regole specie per quella categoria che ho definito “scrivani” che fanno solo danni e a tal proposito appoggio anche la petizione pubblicata qui dai cittadini milanesi. A ben osservare le nostre città, però, si capisce che molte strutture private, come edifici, muri di recinzione e quant’altro sono lasciati all’incuria e al degrado. Questo, è bene ricordare, è tutto nel diritto dei proprietari, siamo perciò a confini che non possiamo travalicare. Pensando all’oggetto in questione, invece, mi permetto solo di dire che il valore di una città si misura anche in base all’interesse che i suoi cittadini vi dedicano.
Provo cautamente a vestire i panni di un teen ager. Se io giro in una città curata il mio spirito si muove più sereno, sono contento di vivere in uno spazio che è gestito e curato giornalmente. Se trovo le “tracce” del giorno prima sono spinto a modificare quell’ambito, in meglio se sono un “disegnatore di genere” e in peggio se sono uno “scrivano”.
Non sono bravo a vestire i panni degli altri ma invito tutti a provare a capire le cose o meglio a capire i giovani. La nostra società usa troppo spesso i pregiudizi verso i giovani e non vado oltre, ma si sente nell’aria che le idee e la fantasia dei ragazzi è insopportabile per alcune persone.
Il mio parere è che trovo la creatività di questi ragazzi davvero unica e di un discreto livello. Alcune volte sorprendente. Se solo fosse possibile far intervenire i comuni affinchè nuove regole e norme potessero cambiare sia gli atteggiamenti dei privati (possessori di edifici, terre, ferrovie, ecc.) e sia gli atteggiamenti dei “writers”, forse la battaglia nella occupazione delle superfici avrebbe termine. Insomma il bello va contemplato in modo assoluto nella metropoli contemporanea. Occorre dare spazio ai giovani nelle città con strutture adeguate e spazi liberi per creare. Dall’altro versante occorre intervenire sulle strutture pubbliche e sollecitare i proprietari privati a fare opere di manutenzione (che tra l’altro non riguardano solo l’estetica, ma anche la sicurezza).
La tanto discussa teoria delle “finestre rotte” in fondo è molto vicina a noi e concludo così come ho cominciato, occorrono regole nuove per nuove convivenze.
Sulla teoria delle finestre rotte ecco alcuni articoli interessanti comparsi su “LE SCIENZE” e sul blog “GALATINA2000BLOG“.