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L’arte è veramente libera?

in Arte e cultura

uomoIl mondo delle gallerie d’arte, i mercati e il sistema in generale può minare o favorire la divulazione culturale, senza condizioni? Oggi ci chiediamo se l’arte è nelle mani delle lobby, se il talento può emergere in un sempre più frammentato habitat intriso di “crisi economica”, “deculturizzazione”, “relativismo” e non da meno di fiducia rivolta quasi esclusivamente alla logica dell’investimento o dell’affare.
In tutto questo gli artisti si isolano sempre più e le collettive sono sempre viste con cattivo occhio o addirittura come una situazione concorrenziale insostenibile. La tendenza a credere di vendere e piacere al pubblico porta anche i più idealisti a spostare leggermente la messa a fuoco del proprio messaggio. La conseguenza di questo deragliamento è l’impossibilità quasi totale di aggregazione e formulazione di concetti comuni che possano far sentire la loro voce così come da sempre i grandi movimenti hanno fatto. Ora non voglio entrare nello specifico, ma sia pure con buone infrastrutture e persone professioniste del marketing, l’artista non può demandare tutto ad altri, si deve far carico almeno della sostanza che deve essere comune e condivisa con altri artisti. Gli organizzatori fanno sempre il proprio tornaconto anche a discapito delle idee, non esistono più i grandi mecenati del ‘500 e non esistono più nemmeno i committenti attenti e scrupolosi nel riconoscere il vero talento. I committetti del Rinascimento , ad esempio, sentivano propri gli artisti, con loro esisteva un vero confronto intellettuale fatto anche di discussioni e diverbi, ma non potevano ordinare all’artista cosa fare esattamente come se fossero semplici esecutori, si orientavano verso un soggetto e un tema seguito poi da “carta bianca” nell’esecuzione. Ebbene oggi non c’è più bisogno di imitare il passato, però il commercio dell’arte contemporanea, tranne alcune eccezioni, ha sgretolato non solo le idee ma anche la capacità di relazioni fra gli artisti.